Tanto ormai è scontato: abbiamo dormito poco e ci siamo alzati prestissimo, fine della disquisizione sugli orari della sveglia ! Il mattino ha l’oro in bocca e così ci “fuciliamo” (leggi ” lanciamo alla velocità della luce”) alla volta di Saint Tropez verso l’agognato raduno.
Pochi chilometri dopo la partenza, sempre a Le Muy, facciamo colazione in un posticino lungo la strada, l’idea è quella di finire di scrivere il post del giorno precedente e postarlo, quanto mai potrà volerci, massimo una mezzoretta ? Perfetto, finiamo per mettercene due abbondanti tra l’andare dal tabacchi di turno e spiegargli nel nostro francese (dialetto milanese pronunciato male) che vogliamo ricaricare la chiavetta internet, importunare due clienti del bar per fargli telefonare alla Orange France e comunicare il codice di ricarica appena ottenuto dal tabaccaio, ordinare la colazione, consumarla direttamente sulla tastiera del Mac, scrivere il post con la luminosità dello schermo a Zero perchè siamo in regime di batteria, non sapere dov’è la freccia del mouse ed “indovinare” cosa ci sia sullo schermo. In tutto ciò la chiavetta internet prende male e sia il Mac che la chiavetta vanno riavviate ogni 10 minuti per ristabilire una connessione decente ad apportare le modifiche online.
Insomma, lasciamo il campeggio prima delle 8, arriviamo al bar per far colazione verso le 8:20 e ci rimaniamo per scrivere al computer fino circa le 11:00. Come sempre: poco impegnative le nostre giornate ! .. e non siamo neanche a metà.
Alla fine, in qualche modo il post del giorno prima è online e a noi non resta che l’incubo di riprendere in mano le Vespe e dirigerci verso il raduno. Incubo perchè Vespa rossa è un’ incognita assoluta: potrebbe andare perfettamente così come lasciarci a piedi e non siamo sicuri di voler scoprire come andrà a finire, così ogni scusa è buona per temporeggiare !
Si riparte, in circa mezzora percorriamo i 30 km che ci separano dalla meta. A mano a mano che il luogo del raduno si avvicina, percepiamo nell’aria la sua presenza. Le vespe si moltiplicano come un virus ad ogni chilometro, prima una, poi 3 poi 5 dopo 7 e poi comitive di 15, 20, intere file, colonne di Vespe a perdita d’occhio in ogni direzione.
Le macchine ed il traffico sono congestionati ma le Vespe passano dappertutto, riempiono gli spazi vuoti in ogni corsia, carreggiata, spartitraffico, aiuola e marciapiede, ci sono persino Vespe ferme all’interno delle rotonde, quasi a delinearne la circonferenza. Sono di ogni colore, varietà e grandezza; originali, stravaganti, perfette o sgangherate, qualcuna è a pezzi e i padroni ne portano le reliquie a mano, altre sembrano uscite dagli stabilimenti piaggio poche ore prima, alcune luccicano, altre si mimetizzano, alcune rombano altre faticano a partire.
C’è di tutto, targhe italiane, francesi, greche, belghe, inglesi, tedesche, olandesi, finlandesi, spagnole, cecoslovacche, insomma, ad un certo punto smettiamo di farci caso, sono troppe da ricordare !
E’ stupendo: la sensazione che ci pervade è di essere arrivati a casa, là dove sei capito, dove le persone attorno a te viaggiano sulla tua stessa linea di pensiero, dove non sei straniero, dove la “passione conduce alla pazzia” (cit.) per il proprio mezzo. Per pochi attimi dimentichiamo tutto e sembra che i problemi, le avversità ed il fato avverso che abbiamo dovuto combattere finora, non siano mai esistiti.
Poi parcheggiamo, ci fermiamo un attimo e ci ricordiamo che siamo qui per il raduno è vero, ma soprattutto dobbiamo trovare qualcuno che ci aiuti a sistemare Vespa rossa prestandoci ” l’estrattore volano “, una chiave particolare che abbiamo in duplice copia ma che abbiamo brillantemente deciso di dimenticarci a casa in box !
Ok, non c’è tempo da perdere, parola d’ordine: importunare altri vespisti ! Pensavamo di metterci poco ok, ma così poco no ! Al secondo tentativo (tempo 3 minuti in totale) un gruppetto di amici di Vicenza ha la chiave che fa al caso nostro, ci danno una mano a smontare il volano, registrare l’anticipo in modo che sia regolato uguale a Vespa blu, si congedano ed entrano al raduno. Avremmo voluto offrirgli una birra ghiacciata ma non li rincontreremo più. ( ” Mitici ragazzi ! “ Esclameremo col senno di poi ).
Facciamo qualche centinaio di metri per capire se tutto va bene ma non riusciamo in così poco a saggiare notevoli differenze di comportamento, decidiamo quindi di abbandonare per il momento la sistemazione della vespa, in fondo quel che potevamo fare l’abbiamo fatto, non ci resta che sperare e per ora goderci il raduno. Entriamo pagando ed iscrivendoci che sono ormai le 12:40.
Quel che ci spetta non è altro che un enorme campeggio di Bungalow pieno zeppo di vespe in ogni dove. Non c’è stradina, vicolo, posto tra l’ingresso dei bagni ed il confine con una casetta o il bar che non sia occupato da Vespe, non si può quasi camminare a piedi, il borbottio dei motori è ovunque e perenne e immenso.
Ora una sgasata ora una frenata o un colpo di clacson, chi si chiama a distanza, chi inverte la marcia, chi si scambia le coccarde o gli stendardi dei Vespa Club, chi beve e chi ha già decisamente bevuto, chi porta i bambini a spasso sul seggiolino da bici montato sulla vespa, chi arriva ed è spaesato e chi riparte per chissà dove. Se fuori le strade erano piene, arterie di un sistema circolatorio assai più complesso, il campeggio del VWD 2016 è il cuore pulsante di un meccanismo inarrestabile, quello della devozione per l’insetto metallico.
Dopo esser rimasti con la bocca aperta e un po’ di pelle d’oca ad ammirare tutto ciò, ci dirigiamo in spiaggia per godere di qualche raggio di sole e mangiare un’ottima pizza (praticamente fritta) che non è comunque male. Tra un boccone e l’altro facciamo ipotesi sulla ripartenza, gli orari e chilometri, non curanti del fatto che alle nostre spalle (cioè nell’entroterra) un fronte di bassa pressione sta facendosi largo in direzione della costa, portando con se pioggia e vento in abbondanza.
In poco tempo si passa dalla situazione paradisiaca di una spiaggia stile caraibico, ad ombrelloni che volano e vento a raffiche.
E’ tempo per tornare coi piedi per terra, ma soprattutto per tornare di corsa alle Vespe, raccattare i propri averi e, prima che sia troppo tardi ed inizi a piovere, approfittare del campeggio e del sole per farsi quantomeno una doccia.
Non avendo tenda, bungalow o giaciglio, accampiamo tutti i nostri averi sulle vespe e ci fiondiamo in bagno semi vestiti; il cambio in una mano e nell’atra il bagnoschiuma. Dove mettere dunque gli indumenti “sporchi” ? Nessun problema, basta infilarsi le mutande nelle tasche ed il gioco è fatto !
Ripartiamo che sono ormai le 16:00, puliti e profumati ma già bardati con i vari strati di mantelle e pantaloni impermeabili; senza nemmeno pensarci imbocchiamo la litoranea in direzione Italia ed in men che non si dica ci ritroviamo sotto la pioggia e nel traffico che contraddistingue queste strade, un abominio frutto della cementificazione selvaggia, dell’urbanizzazione fatta alla “boia d’un giuda” (cit.) e dell’inesistente piano alla mobilità urbana. Ci vorranno 4 ore e mezza per raggiungere il confine franco-italico e ritrovarsi sul patrio suolo.
Abbiamo percorso solo 180km, pochi, ma fatti in Vespa sono già un’eternità. Ci fermiamo esausti: il traffico ci ha messo a dura prova, la mano e l’avambraccio sinistro che comandano la frizione e le marce sono insensibili e a fatica rispondono agli stimoli dei neurotrasmettitori del nostro cervello, prostata e natiche continuano a vibrare anche da fermi ed il casco, che rimane compresso sulla testa per svariate ore, provoca fastidi e pruriti al cuoio capelluto. Insomma, un mix davvero poco piacevole.
Per fortuna ci vengono in soccorso Aldo e Angela che, previa telefonata di conferma, ci ospitano nel loro albergo a Porto Maurizio (Imperia). L’accoglienza ed il calore sono davvero tanti, e a noi bastano per sentirci ormai a casa ! Gli ultimi atti di una giornata piena e bellissima si consumano in un ristorante proprio dietro l’albergo, dove ci concediamo due ottimi primi a base di pesce per festeggiare la fine di un altro giorno epocale.
Vespa rossa non ha più manifestato i sintomi di cui ha sofferto nei giorni precedenti e a questo punto non resta che essere fiduciosi anche per l’indomani, giorno in cui faremo rientro a casa passando, probabilmente, dalle stesse strade percorse all’andata.
E’ stata dura e c’è voluto tempo, pazienza e molta integrità per arrivare dove siamo arrivati, ma l’attesa sembra aver pagato pegno e tutto sommato forse siamo stati ricompensati: se davvero i problemi di cui abbiamo sofferto finora fossero terminati, potremmo anche dire di aver imparato grandi cose da questo viaggio: primo fra tutti che “non si fanno viaggi come questo viaggio” !
– Stay Tuned –