Inutile girarci intorno, quella di oggi è stata senza dubbio la giornata più devastante di sempre. ci svegliamo alle otto in relativa calma con ben 5 ore di sonno sulle spalle, riusciamo a fare colazione con Elisa e Giorgio che salutiamo.
Tra un preparativo e l’altro lasciamo Vallecrosia che sono ormai le 11.00, siamo equipaggiati con 4 panini, prosciutto cotto, golfetta, e focaccia ligure: non male ! Peccato aver messo il tutto nella borsa dei vestiti che sapranno inesorabilmente di affettati speziati per il resto della vacanza. Il meteo è soleggiato e caldo, si pensa già alla tipica tappa da crema solare e avambracci al cielo. (Vedi relativo post di Sicilia 2012) Mentre qualcuno si prepara per andare in spiaggia noi ci lanciamo in magliettina verso l’entroterra, fiduciosi che la modifica alla testa della rossa porterà grandi frutti ma già alla prima salita capiamo immediatamente che non sarà così. Nonostante ciò decidiamo di allungare il percorso di un centinaio di chilometri per evitare il traffico litoraneo e siamo già sulla via del “Passo Turin” accompagnati qua e là da qualche rallista improvvisato che spreme la sua auto sulle tortuose curve che portano al celebre passo.
Purtroppo realizziamo ben presto di aver trascurato un dettaglio di primaria importanza, ovvero la terza dimensione: l’altitudine. Il meteo in netto peggioramento, le temperature a picco, una testa che sfiata impietosamente e costringe a modificare lo stile di guida paralizzando il gas per aumentarne la vita utile. La strada continua a salire per lunghi, interminabili chilometri.
Stiamo letteralmente barbellando, i denti battono all’impazzata e continue contrazioni involontarie dei muscoli provocano vistose sbandate ad alta frequenza mentre siamo ormai immersi tra le nubi in una spettrale nebbiolina ghiacciata. Si procede dunque sbacchettanto nella nebbia.
Come se non bastasse, a breve ci raggiunge implacabile anche la pioggia. Bardati a dovere, arranchiamo tra una sbacchettata e l’altra alla volta di Saint Tropez ma i chilometri da macinare sono ancora tanti.
Il motore della rossa inizia a sviluppare temperature da fornace ma non ce ne accorgiamo a causa della pioggia. Improvvisamente perde potenza, inchioda la ruota posteriore, e inizia a scodare sul fondo bagnato. Un traverso di qua un traverso di là e infine tuffo carpiato dalla sella, per fortuna quando ormai la velocità di marcia si è ridotta considerevolmente….e la grippata è servita.
La pioggia battente continua incessante mentre contiamo i danni sotto una tettoia di fortuna. Ogni spedivellata nel tentativo di riaccendere il motore sarà vana e ci rendiamo subito conto che il motore non ha più compressione. Sono le H 15:30, poco più di un centinaio i chilometri percorsi ed eccoci qua, un po’ acciaccati, fermi in una vallata piovosa, con il motore aperto per l’ennesima volta.
Ci vorranno 2 ore e mezza per aprire completamente il motore della rossa ed accorgersi che:
- L’anticipo regolato male provoca battito in testa
- Aver montato la testa polini (più compressa) ha amplificato i sintomi e smagrito la carburazione
Troviamo infatti il cielo del pistone picchiettato e rugoso, mentre la camera di combustione si presenta troppo chiara e pulita.
Sistemiamo il pistone alla ” bell’emeglio “ con sapiente uso di carta vetrata, sostituiamo le fasce e controlliamo lo stato del cilindro, chiudiamo il tutto con abbondante pasta rossa al basamento ma non prima essere ritornati alla configurazione precedente montato dunque l’originale testa DR.
Per fare tutto ciò dobbiamo smontare anche, con non poca sofferenza:
- Carburatore
- Marmitta
- Ammortizzatore posteriore
- Calottino di raffeddamento
- Sager pistone
- Gabbia a rulli
Sono le H 18:00, momento catartico ed ora della verità. Alla prima spedivellata non succede nulla ma tra le lacrime e la rassegnazione c’è uno spiraglio di luce: il motore ha di nuovo compressione e questo fa ben sperare !
Dopo qualche colpo di pedale deciso arriva benzina nei condotti del cilindro ed il ben progettato ed affidabile monocilindrico di casa Piaggio riparte fedele.
Percorriamo i primi chilometri in punta di ruote, gas al minimo, orecchio teso e mano sul motore per saggiarne la temperatura; inutile ricordare che in tutto ciò sta ancora piovendo, meno di prima ma siamo pur sempre alla mercé delle intemperie.
Prendiamo via via più confidenza e i chilometri ricominciano a scorrere via. E’ però tardi e manca parecchio a Saint Tropez, non ci illudiamo di poterci arrivare entro sera.
Finirà che abbandoneremo definitivamente ogni speranza, privi di energie, nei pressi della ridente “Le Moy” a circa 30 km dalla meta. L’unico campeggio che incontriamo è chiuso e così, soccorsi ora telefonicamente da Elisa, ora da una magnanima motociclista locale, raggiungiamo all’alba delle H21:00 un altro campeggio che si rivelerà salvifico.
La toccata e fuga è talmente rapida (dobbiamo solo dormire e ripartire l’indomani) che anche il gestore si impietosisce e, avendo già chiuso la cassa, ci offre il pernottamento a titolo gratuito, ottimo ! La giornata si avvia dunque a chiusura con un bilancio di 100 a 1 per la sfiga, non avremmo potuto chiedere di meglio.
Cerchiamo una connessione ad internet e una birra ma il campeggio è ormai dormiente, quindi niente chance né ulteriori botte di fondoschiena. Scriviamo una parte del racconto odierno fino a che, verso le H23:00 siamo troppo stanchi per continuare: tenda montata e vespe al riparo andiamo a letto lasciandoci alle spalle una giornata davvero indimenticabile per fatica e resistenza.
Non abbiamo un programma preciso per la giornata di domani ma sappiamo che dobbiamo trovare una soluzione per tornare a casa dato lo stato di salute precario in cui versa uno dei destrieri, la quantità di Km da coprire e il poco tempo a disposizione, aleggia nell’aria l’idea di dirigerci nuovamente verso Ventimiglia.
Anche questa volta la nostra permanenza nel luogo originariamente designato come meta del viaggio, si prospetta fulminea.
– Stay Tuned –