Se ti capita di avere tre giorni liberi dopo mesi… vai tranquillo che pioverà. Le previsioni meteo non promettevano bene ma bisognava rischiare. Destinazione Lavagna, per la via più lunga e soprattutto… tortuosa s’intende!
Il giro è in programma da qualche tempo, si ri-parte dalla lista degli attrezzi e dei ricambi da mettere nella borsetta magica, quella che speri di non dover mai aprire ma non si sa mai… quella che se ti fai prendere la mano rischi di portarti dietro una vespa intera a pezzi. E sei talmente carico che …
potresti allestire un officina in mezzo alla strada e operare a carter aperti. Bisogna per forza fare una cernita!
Come sempre il bagaglio vestiario finisce per non occupare che una minima parte del minimo spazio rimasto sui portapacchi, ma questo ormai è un classico.
Quando ogni bagaglio ha trovato il suo anfratto, ci giri intorno guardi in ogni angolo quasi col timore di accendere… e dopo check e double check e triple check, finalmente… cominci a spedivellare in tutte lingue per risvegliarle dal letargo e spingi avanti e indietro e sue giù dalla rampa dei box per sfruttare quel brio di spinta in più finchè ecco i primi colpi e la nube di fumo atomico (ti piace avere ancora in canna la miscela all’8% dall’ultimo viaggio…).
Con i primi chilometri riaffiorano i ricordi, prima quella sensazione di libertà e la bellezza di essere ufficialmente in viaggio verso la meta, poi tutti quei piccoli trucchetti che devi mettere in atto per tenere in strada il mezzo, come usare i non-freni, come non far saltare le marce, il tocco magico per imbroccare la folle al semaforo e così via, poi il mal di schiena e fondo-schiena, mentre la città gradualmente cede il passo alla campagna e poi alla collina e il rettilineo si tramuta in un gomitolo di curve.
Pit-Stop. Rifornimento benzina, olio, controllo candele, un occhiata fugace alla cartina. Poi na-bira-al-bar (che con 2€ hai anche le patatine comprese…) e si va su prendere il fresco e le curve.
Già, qui si fa il pieno anche di curve, perchè non c’è un pezzo di rettilineo neanche a pagarlo, si sale, si scende….in piega :-). Ma il più bello è rallentare, buttare l’occhio al paesaggio tra una curva e l’altra e passare a rallentatore in quei posti che sembrano davvero dimenticati, o semplicemente rimasti indietro…visto che qui il tempo scorre ad un altra velocità.
Ad un certo punto qualcosa ci fa capire che la strada non sarebbe stata asciutta ancora per molto…
Sono bastati pochi chilometri per confermare l’intuizione, ma come si suol dire… “non c’è il buono o il cattivo tempo ma la buono o cattivo equipaggiamento”. Ecco, appunto. Noi non ce l’avevamo…il buon equipaggiamento, ma ci abbiamo provato lo stesso! e il risultato era prevedibile…
Con la paresi facciale provocata dal freddo e dall’agopuntura subita sotto la pioggia battente siamo riusciti a traguardare l’attesa meta marittima sul far della sera. Pausa di contemplazione di 60 secondi (più o meno) e via alla ricerca del campeggio presi dal morso della fame.
Dopo una notte da dimenticare ci svegliamo sotto il sole e troviamo anche il tempo di guardare il mare. Ma presto dobbiamo rimetterci in sella perché la via del ritorno è lunga.
Sali scendi curva e ricurva finchè la strada non ritorna dritta e ci ricorda che siamo quasi casa…
Tirando le somme sono 540km e un carico di immagini e sensazioni che in fin dei conti neanche google maps riesce a sintetizzare con un URL breve… e ho detto tutto!
– Stay Tuned –
Correlati